C’è un momento, prima o poi, in cui il pensiero si affaccia: “E se mollassi tutto per un po’?” Non per sempre, certo, ma giusto il tempo di respirare, cambiare aria, mettere ordine fra i pensieri che si sono accumulati come libri impolverati su una mensola che nessuno si decide a spolverare. Prendersi un anno sabbatico è un po’ come fare quel respiro profondo dopo una lunga apnea. Ma non tutti la vedono allo stesso modo, e allora viene spontaneo chiedersi: cosa ne pensano gli psicologi di questa scelta?
Fermarsi non è scappare, è ricominciare (a modo proprio)
Ti dirò, l’idea di prendermi un anno sabbatico mi ha sempre affascinato. E pare che non sia solo un capriccio. Secondo molti psicologi, prendersi del tempo per sé può essere una vera boccata d’ossigeno per la mente, soprattutto se si è ingabbiati in routine che consumano più di quanto si riesca a ricostruire. A volte è come continuare a camminare su un tapis roulant senza andare da nessuna parte. Fermarsi, per contro, può significare riprendere il controllo della propria vita.
Quello che dicono, però, è che non si tratta di una fuga. Non è scappare dai problemi, ma trovare il coraggio di guardarli in faccia da un’altra prospettiva. Cambiare scenario, lingua, abitudini, magari farsi un giro dall’altra parte del mondo o semplicemente rallentare nella propria città, può offrire lo spazio mentale necessario per rimettere insieme i pezzi di sé.
Il rovescio della medaglia: non sempre le cose filano lisce
Ovviamente non tutto fila sempre liscio. Un anno sabbatico non è una vacanza di dodici mesi, anche se suona così. E qui gli psicologi sono piuttosto chiari: se non hai un piano, rischi di perderti per strada. Un po’ come partire per un viaggio senza sapere dove andare, finendo per girare in tondo e ritrovarti più confuso di prima.
C’è chi racconta di aver sperimentato una strana inquietudine, come se, tolti i doveri di ogni giorno, non sapesse più che pesci pigliare. Si rischia di perdere il ritmo, di sentirsi fuori dai giochi, soprattutto in contesti dove la produttività sembra l’unico metro di misura per valutare il valore di una persona. Insomma, il silenzio e il tempo libero, se non li sai gestire, possono diventare una trappola più che una liberazione.
Ci vuole testa: darsi uno scopo cambia tutto
E allora, come si fa a vivere bene un anno sabbatico? Non c’è una formula magica, ma una cosa è certa: serve uno scopo. Anche il più semplice. Non deve essere per forza “andare a trovare sé stessi” – che poi, dove sta ‘sto sé stesso che nessuno l’ha mai visto? – ma avere un’idea di cosa vuoi fare aiuta a non vagare senza meta.
Qualcuno sceglie di imparare una nuova lingua, altri fanno volontariato, c’è chi apre un blog di viaggi o decide di scrivere un libro che aveva nel cassetto da anni. L’importante è svegliarsi al mattino con qualcosa che ti faccia alzare dal letto, altrimenti la tentazione di buttarsi sul divano con Netflix e patatine può diventare la regola. E lì sì che il rischio è di tornare più stanchi di prima.
La voce degli altri: tra chi applaude e chi storce il naso
C’è poi da mettere in conto il giudizio degli altri, che può pesare, eccome. La famiglia che ti guarda come se fossi un alieno: “Ma come? Lasci il lavoro stabile per… non fare niente?” O gli amici che ti chiedono ogni due per tre quando hai intenzione di “rimetterti in carreggiata”, come se nel frattempo fossi uscito di strada. La verità è che viviamo in una società che ti misura spesso su quanto produci, non su quanto cresci.
Eppure, se chiedi a chi ha vissuto davvero questa esperienza, ti dirà che l’anno sabbatico è stato forse il periodo più utile della sua vita. Non per quello che ha fatto, ma per ciò che ha capito. Magari che lavorare senza sosta non è l’unico modo di sentirsi vivi. O che il successo, quello vero, si misura su scale diverse da quelle che ci hanno insegnato.
Prendersi un anno sabbatico è un atto di coraggio (e di amore verso sé stessi)
Alla fine dei giochi, prendersi un anno sabbatico è un atto di coraggio. Di quelli che non si leggono nei manuali di self-help, ma che si scrivono sulla pelle. È scegliere di fermarsi mentre tutti corrono, anche solo per capire se si sta andando nella direzione giusta.
Io penso che dovremmo smettere di considerare il tempo come qualcosa da riempire a forza di impegni. Il tempo va vissuto, goduto, e, perché no, anche lasciato scorrere senza fare nulla di eclatante. Un anno sabbatico può essere la miglior medicina per chi ha bisogno di ritrovarsi, o semplicemente di respirare.
E se stai pensando di farlo anche tu, il mio consiglio è semplice: ascoltati. Non c’è un momento giusto, né una formula valida per tutti. Ma se senti che è arrivata l’ora, magari è davvero il momento di fare quella valigia.