Chiunque abbia in mente di scrivere il proprio curriculum vitae sa bene che si troverà di fronte a una lunga serie di difficoltà. In primo luogo, è indispensabile risultare sintetici e il più possibile chiari, ma per essere concisi non si può trascurare alcuna informazione utile. Al di là del contenuto, poi, ci si deve preoccupare della …
Lavorare senza un titolo di studio, quali sono i migliori impieghi?
La storia di Fabio Rovazzi insegna che per arrivare al successo non è necessario essere laureati e neppure diplomati. Ciò non deve essere inteso come un disincentivo allo studio, ovviamente, ma solo come la dimostrazione che con pazienza e dedizione è possibile raggiungere tutti gli obiettivi che ci si propone di conseguire, anche dal punto di vista …
Pensione anticipata fino a 7 anni per i dipendenti delle grandi aziende
Un emendamento al decreto legge crescita che è stato depositato dai relatori di maggioranza alla Camera regala buone notizie a tutti i lavoratori che sono impiegati in una grande azienda. Chi è assunto da un’impresa con più di mille dipendenti, infatti, avrà la possibilità di raggiungere l’età della pensione fino a sette anni prima nel caso in cui si …
Contratti di apprendistato: sanzioni in caso di mancata formazione
Le statistiche più recenti dimostrano che le imprese non amano attivare i contratti di apprendistato. Il problema è rappresentato dalla necessità di formare i giovani apprendisti a causa degli adempimenti imposti; in caso di inottemperanza, inoltre, vengono comminate sanzioni economiche. Va detto, per altro, che il regime sanzionatorio è diventato più leggero rispetto al passato. La situazione …
Figlio bocciato, il padre lo manda al lavoro per punizione a 1 euro l’ora
Vai male a scuola? E io ti punisco facendoti lavorare per uno stipendio ridicolo. Questo, più o meno, è ciò che deve aver pensato un padre deluso dai risultati in classe del figlio, che per impartirgli una bella lezione ha tentato di trovargli un impiego… poco redditizio. Cerco lavoro per mio figlio L’uomo, iscritto a un …
Crescita personale e professionale, come affrontarla
La crescita personale è un obiettivo che ognuno di noi si dovrebbe prefiggere e dovrebbe tentare di perseguire. Non si tratta di concetti filosofici o vacui, ma di un impegno pratico e costante che si concretizza nella realtà di tutti i giorni. Di settimana in settimana, di mese in mese, di anno in anno, dobbiamo provare a scalare un gradino dopo l’altro, considerando l’esigenza della crescita come un bisogno di cui non si può fare a meno. Se è vero che tutti siamo stimolati a cambiare nel momento in cui le cose non vanno bene, perché non iniziamo a farlo anche quando tutto sembra andare per il verso giusto? Solo in questo modo è possibile cogliere delle preziose opportunità che, in caso contrario, ci sarebbero precluse.
Imparare a correggersi
Per arrivare a una crescita redditizia e soddisfacente, è molto importante imparare a riconoscere quello che non va nella propria quotidianità, così da correggere gli errori e riuscire a rimediare agli sbagli. Non si deve aver fretta, però, ma è opportuno adottare una strategia dei piccoli passi. I cosiddetti quick wins, come vengono definiti dagli specialisti di change management, vanno considerati come conquiste rapide, ma non per questo di scarso valore. Si tratta, in sostanza, di identificare giorno dopo giorno dei traguardi che solo in apparenza sono piccoli, e che possono essere raggiunti in tempi rapidi. Nel momento in cui ci si accorge che gli obiettivi vengono conseguiti, ci si sente più motivati a continuare, e il cambiamento si rivela costante e al tempo stesso divertente.
Quali sono gli obiettivi da raggiungere
Come accennato, la crescita personale non ha a che fare solo con la spiritualità e con i sentimenti: può riguardare anche aspetti pratici della propria esistenza. Per esempio, una persona potrebbe voler dimagrire e arrivare a un peso forma ideale. Ebbene, in questo caso è sbagliato volere tutto e subito, ma occorre porsi dei traguardi realistici e che possano essere raggiunti senza difficoltà. Se in più ci si diverte nell’impegno, tanto meglio: piuttosto che una dieta ipocalorica che costringe a sgradevoli sacrifici a tavola è meglio dedicarsi allo sport in compagnia o andare in palestra con gli amici. Chi l’ha detto che per migliorarsi sia indispensabile sacrificarsi o soffrire all’infinito?
Come si cambia
Il cambiamento finalizzato alla crescita personale deve essere costante e non si può mai interrompere. Ognuno di noi ha qualche aspetto della propria vita che vorrebbe correggere o migliorare, e gli ambiti coinvolti possono essere i più vari: per esempio, uscite più frequenti con gli amici, oppure smettere di fumare, o magari imparare una lingua straniera. Per riuscire a cambiare, è indispensabile volerlo: potrebbe apparire una banalità, eppure questo aspetto viene troppo spesso sottovalutato. Una strategia manageriale che si può applicare a questo scopo è la cosiddetta burning platform strategy. Di che cosa si tratta? Nel momento in cui scoppia un incendio su una piattaforma petrolifera, non ci sono alternative: occorre scappare. Ebbene, la burning platform strategy impone di far nascere nella propria vita un senso di urgenza simile, come se non ci fossero alternative al cambiamento.
Il valore della consapevolezza
Appare evidente, quindi, l’importanza della consapevolezza: in assenza di essa non ci può essere alcuna crescita. Se non ci si accorge di avere una montagna davanti a sé, è impossibile decidere di iniziare a scalarla. Vale per i percorsi in salita ma anche per quelli in discesa, sia chiaro: ciò che conta è verificare sempre a che punto ci si trova, e per riuscirci c’è bisogno di fermarsi. Che cosa vuol dire? Riflettere e fare il punto della propria esistenza, comprendere in che situazione ci si trova e che cosa si può fare per evolvere e arrivare ai traguardi auspicati.
Puntare su sé stessi: cambiare lavoro e inseguire i propri sogni
Non esiste un’età in cui si deve smettere di inseguire i propri sogni: in qualunque momento della propria vita è possibile reinventarsi, anche sul mondo del lavoro e dal punto di vista professionale. Un consiglio che proviene dagli esperti è quello di costruirsi un profilo professionale multiplo, per aumentare le possibilità di successo sia nel presente che …
Quali settori garantiscono le migliori opportunità di lavoro per i giovani?
Nel nostro Paese le occasioni di lavoro per i ragazzi non mancano: basta ricercarle tra le professioni che richiedono figure specializzate, soprattutto nelle aree tecniche. Una ricerca condotta dalla fondazione Altagamma mette in evidenza come, nel corso dei prossimi anni, la domanda di profili specializzati crescerà sempre di più, con riferimento nello specifico agli ambiti dell’ospitalità, del design, della moda, del food e dell’automotive. L’eccellenza del Made in Italy è rappresentata, non a caso, dalle aree dei servizi specializzati e della manifattura avanzata.
Dove conviene cercare lavoro
Per quel che riguarda il settore dell’ospitalità, per esempio, nei prossimi anni ci sarà bisogno di oltre 33mila profili, tra i quali quelli degli esperti di ristorazione e degli addetti alla reception. Più di 18mila lavoratori saranno richiesti nel design, con l’esigenza di sfruttare le competenze di artigiani specializzati. Passando al settore del food, si parla di ben 49mila profili professionali ricercati: esperti di marketing e di comunicazione, ma anche guide turistiche specializzate in ambito enogastronomico, addetti all’accoglienza e tecnici della vinificazione. Nel mondo della moda, invece, tra gli oltre 46mila professionisti indispensabili nei prossimi anni spiccano i prototipisti, gli specialisti in maglieria e gli esperti di sartoria e pelletteria.
La situazione italiana
Il problema del nostro Paese è che ci sono troppi pochi laureati: secondo i numeri forniti dal Sole 24 Ore, nel corso del prossimo lustro entreranno appena 665mila laureati nel mondo del lavoro, un numero che è considerato non sufficiente. L’ideale, infatti, sarebbe arrivare a 800mila o – ancora meglio – a 900mila unità. Ovviamente, la predilezione è per le materie STEM, vale a dire le discipline tecniche e scientifiche come la matematica e l’ingegneria. Sembra un paradosso, quindi, ma in un’Italia in cui il tasso di disoccupazione è preoccupante ci sono tantissimi posti di lavoro scoperti. Facile intuirne le ragioni: un’offerta formativa che non è adeguata a ciò che il mercato richiede, e che proprio per questo motivo deve essere ripensata.
Il boom dell’automotive
Per gli analisti, uno degli ambiti nei quali la ricerca di collaboratori specializzati sarà più consistente è quello dell’automotive, un comparto che include tutte quelle imprese che si occupano della produzione e della vendita di mezzi di trasporto, di attrezzature e di macchinari. Nel prossimo quinquennio ci sarà bisogno di quasi 90mila professionisti, tra i quali manutentori, montatori, meccatronici e progettisti di materiali e prodotti.
Perché le aziende non trovano professionisti
Da qui al 2023 le aziende cercheranno circa 236mila profili: in 7 casi su 10 saranno indispensabili competenze di carattere professionale e tecnico. La ricerca sarà complicata: i ragazzi che scelgono gli istituti tecnici, per l’istruzione superiore, sono solo 3 su 10, e ancora minore è la fetta di coloro che optano per un istituto professionale, intorno al 15%. Ci sarebbero anche gli ITS, vale a dire gli Istituti di Istruzione Tecnica Superiore, che sono soluzioni alternative rispetto ai percorsi universitari a cui fare riferimento dopo il diploma: ma anche in questo caso i numeri sono poco confortanti, perché si balla attorno ai 13mila iscritti. In Germania e in Francia, i ragazzi che frequentano istituti simili sono molti di più: e forse è anche questo il motivo per il quale non riusciamo a restare attaccati alla locomotiva tedesca.
Ristrutturare i centri per l’impiego è una priorità
I centri per l’impiego nel nostro Paese sono un clamoroso flop: in attesa che si mettano all’opera i navigator destinati a migliorare il futuro professionale di coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza, la situazione dell’occupazione in Italia non è certo delle più rosee. I dati relativi al 2018 testimoniano che tra coloro che lo scorso anno hanno trovato un impiego nel settore privato, appena 1 persona su 50 è passata attraverso i centri per l’impiego. Cifre che dimostrano un fallimento inequivocabile: solo 23mila persone hanno tratto beneficio dal ricorso a tali centri.
I centri per l’impiego servono davvero?
Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, se i centri per l’impiego siano realmente utili per l’intermediazione tra la domanda di lavoro e l’offerta. Stando a ciò che si può leggere sulla relazione annuale della Banca d’Italia, la risposta a questo interrogativo è negativa. Tra chi è disoccupato da meno di un anno, appena il 26 per cento ha deciso di rivolgersi a un centro pubblico nel mese precedente rispetto all’intervista.
I danni del reddito di cittadinanza
Il reddito di cittadinanza, per gli analisti di Bankitalia, è destinato a produrre danni non indifferenti, soprattutto per la sua entità: un single in affitto può arrivare a ottenere 780 euro al mese, un introito che di certo non lo motiva a mettersi in cerca di un lavoro, magari retribuito poche decine di euro in più. Insomma, il reddito non farà altro che disincentivare i rapporti di lavoro poco remunerativi, a maggior ragione se precari: e ciò avverrà specialmente nel Mezzogiorno e tra i giovani, cioè nei segmenti che già al momento presentano modeste prospettive occupazionali. Da non sottovalutare, poi, il rischio che venga favorito il lavoro in nero: non ci sono garanzie che le sanzioni previste dalla legge potranno essere applicate in modo agevole.
Che cosa fanno i disoccupati nei centri per l’impiego
Un disoccupato che entra in un centro per l’impiego lo fa, nel 36 per cento dei casi, per controllare se vi siano delle offerte di lavoro a disposizione; in meno di 1 caso su 10, invece, ci si preoccupa dell’offerta formativa o si richiede una consulenza. Anche questa è una delle ragioni per le quali i centri denotano un’efficacia ai minimi termini. Con l’introduzione del reddito di cittadinanza non è detto che le cose cambino, anzi: per la Banca d’Italia, i centri avranno a che fare con una platea di utenti molto più numerosa, e la loro operatività risulterà compromessa. Anche perché la maggior parte delle persone sarà contraddistinta da un profilo di bassa occupabilità.
Le difficoltà per le imprese
In un contesto simile a trovarsi in crisi sono anche le imprese, che incontrano notevoli difficoltà nel reperire profili interessanti: le figure professionali più ricercate sono quelle manageriali e quelle tecniche, che ovviamente sono molto rare tra coloro che ricevono il reddito di cittadinanza. Sembra quasi un contentino, allora, l’incentivo alle aziende che viene fornito attraverso lo sgravio contributivo compreso tra le 5 e le 18 mensilità della somma del reddito. Per di più, per usufruire di tale agevolazione è indispensabile rispettare requisiti molto severi, prevedendo l’assunzione full time a tempo indeterminato.
Il reddito di inclusione e il reddito di cittadinanza
Nel 2018, il reddito di cittadinanza era stato previsto dal reddito di inclusione, garantito dal governo Gentiloni con l’obiettivo di combattere la povertà: a usufruirne sono state 1 milione e 300mila persone, per un totale di oltre 460mila nuclei familiari. L’importo medio, tuttavia, era più basso rispetto a quello del reddito di cittadinanza: poco meno di 300 euro al mese. Nel caso del reddito di cittadinanza, infatti, si parla di 520 euro di media, almeno in base a quanto si può dedurre dalle prime rilevazioni svolte dall’Inps.