Districarsi nell’attuale mondo lavorativo alla ricerca del posto di lavoro ideale è diventata una chimera e solo pochi eletti/fortunati hanno la possibilità di ottenere il così tanto agognato “posto fisso” a volte a scapito dello spostamento verso una sede di lavoro disagiata o barattando condizioni economiche non sempre vantaggiose.
Oggi, l’evoluzione elettronica sta generando una modifica anche nel tessuto lavorativo. Ciò che prima risultava di più semplice attuazione, come l’apertura di un attività commerciale (negozio/bottega) al servizio di un quartiere, sta diventando un sogno irrealizzabile a causa della crescita esponenziale del commercio elettronico che sta trasversalmente coinvolgendo gli acquirenti in tutte le fasce di età.
Il new deal lavorativo è investire nelle nuove tecnologie, stare al passo con i tempi e quindi proiettarsi prima degli altri nella new economy, oppure?
Nuove opportunità in ambito agricolo
L’alternativa concreta è quella di ritornare alle origini sposando le innovazioni legate all’evoluzione tecnologica ed alle agevolazioni che lo Stato Italiano offre in questo ambito.
E’ come individuare l’opportunità che possa farti crescere in ambito agricolo? Basta solo supervisionare il mercato, identificare quale prodotto chiede, specializzarsi nell’ambito scelto e fare un business plan avvalendosi della collaborazione di personale esperto che vi possa aiutare e che sia legato alla territorialità del luogo dove avete intenzione di investire (i business plan cambiano anche in funzione dei costi medi di manodopera in loco).
Già, perché cosa essenziale è evitare di credere che si possa fare tutto da soli. Imprenditori non si nasce, lo si diventa anche grazie alla collaborazione di altri ed all’esperienza che si acquisisce sporcandosi le mani.
Oggi la richiesta di un mercato sempre più esigente porta a far affiorare, in ambito agricolo, prodotti impensabili fino a qualche anno addietro come: ribes, avogado, papaia, lime, maracuja, fino ad arrivare a dei prodotti più comuni alle nostre latitudine come canapa, bambù gigante, kiwi ma soprattutto melograno.
Melograno: l’elisir di lunga vita
Già il melograno, fortemente richiesto dall’attuale mercato, sta evidenziando crescite esponenziali; ciò ha determinato la nascita di aree geografiche, vocate dal punto di vista ambientale e territoriale, specializzarsi sulla produzione di questo frutto e che per giunta stanno creando una filiera. Infatti, si stanno sviluppando interi comparti che vanno dalla fornitura della pianta fino al ritiro del prodotto in zone climaticamente adatte alla crescita ed allo sviluppo di questo prodotto, concentrate soprattutto nel sud Italia, precisamente in Puglia ed in Sicilia.
Comunque tutte le regioni del Sud hanno una situazione climatica favorevole, quindi non esitate a lanciarvi in questa nuova forma di investimento perché ne trarrete sicuramente dei vantaggi. Vediamo come…
Piano di sviluppo e incentivi
Attualmente lo Stato, mediante le sue controllate, oppure le Regioni, mettono a disposizione dei giovani agricoltori finanziamenti, in parte a fondo perduto, che possano servire come volano per sviluppare una nuova attività imprenditoriale nel settore agricolo.
Fasi principali per l’avvio della coltivazione di Melograno
Il melograno di origine asiatiche si è diffuso nel nostro continente già ai tempi dei romani che utilizzavano questa pianta sia per scopi ornamentali ma soprattutto, perché regalavano i suoi frutti simbolo di fertilità per via dei arilli interni che ne costituiscono il frutto.
Nel recente passato era stato relegato a frutto di secondo piano per via anche della sua composizione che ne rende scomodo il consumo. Oggi, grazie alla diffusione degli estrattori di succo, ma soprattutto all’analisi chimica delle sue proprietà, si sono evidenziate sia le proprietà antitumorali che le innumerevoli qualità benefiche; dunque è partita la diffusione mondiale sia in ambito farmaceutico/estetico ma soprattutto alimentare: richieste che l’Italia copre mediante il ritiro del prodotto estero, di qualità bassa rispetto a quello che riescono a produrre i nostri agricoltori.
La pianta, di tipologia ad arbusto, deve essere interrata dopo aver eseguito la preparazione del terreno operata appositamente per ospitare questo tipo di coltura. I terreni adatti devono essere sciolti ma soprattutto non soggetti a ristagni idrici che potrebbero compromettere la crescita sana. Per questo motivo, ma soprattutto per posizionare dei teli, di cui parleremo più avanti, si attua la preparazione del terreno in file sulle quali si realizzano delle baulature. La sue capacità di ambientarsi in condizioni pedologiche sfavorevoli consente alla pianta di non soffrire delle carenza di elementi nutritivi nel terreno come il ferro o di sopportare la presenza eccessiva di calcare.
Il periodo indicato per la messa a dimora è la fine dell’estate – inizio autunno oppure la fine dell’inverno affinché si possa dare modo alla pianta di assestarsi allo stress da adattamento dovuto alla piantumazione, senza dover soffrire anche per le condizioni climatiche sfavorevoli. Il sesto di impianto da impostare è della tipologia 6 x 3 che porta alla piantumazione di circa 500 piante per ettaro.
Varietà: la richiesta del mercato
Le piante, da scegliere con molta cura tra le diverse varietà presenti e da acquistare da fornitori accreditati (sul mercato sono presenti fornitori che offrono piante a basso costo che non garantiscono la qualità del prodotto finale) vanno scelte tra quelle commercialmente più richieste dal mercato. Tra queste si annoverano la Wonderfull, Ako, Dente di Cavallo, ecc…
In genere l’ottimo compromesso costi benefici fa si che si scelga di impiantare alberelli di un anno di vita che si adattano più facilmente all’ambiente che li ospiterà. In previsione bisogna mettere a budget che dal secondo anno di vita c’è la necessità di installare i sostegni a Y in alluminio sormontati da tiranti (ci sono aziende specializzate nella produzione di queste tipologie di pali per frutteti) ai quali saranno legati i rami degli alberi, che durante il periodo di maturazione dei frutti, raggiungono pesi non trascurabili se si considera che ciascun frutto può arrivare ai 500 gr. Nel budget bisogna mettere in conto anche le spese relative all’installazione dell’impianto di irrigazione.
Infine, sulle baulature realizzate, alla fine del secondo anno di vita dell’alberello bisogna posizionare un tessuto della tipologia TNT di colore bianco che ha due scopi principali:
- Ridurre enormemente la crescita di infestanti nella periferia dell’albero;
- Ma soprattutto aiutare la colorazione del frutto nella parte bassa grazie ai raggi solari che, dopo aver colpito il tessuto in questione, per rifrazione vanno a finire sul frutto.
Bisogna tenere in considerazione anche il limitato apporto idrico richiesto da questa pianta pari a 7000 m3 annui per ettaro che la rendono adatta a climi abbastanza secchi. Sicuramente risulta importante non farla soffrire garantendo una innaffiatura costante ma non giornaliera anche nei periodi più caldi e comunque commisurata alla quantità di precipitazioni, che possono variare con le stagioni, da regione a regione.
I Potenziali Ricavi dalla coltivazione di melograno
A questo punto, dopo questa superficiale descrizione dell’investimento, che necessita comunque di studi più dettagliati, prima di immedesimarsi imprenditori vi chiederete: ma quali sono i guadagni?
Un ettaro di terreno dove sono installate circa 500 piante di qualità certificata, sulle quali si attuano i piani colturali previsti, può portare ad ottenere come minimo 300 quintali di prodotto; comunque, dall’esperienza che si sta accumulando negli anni sul campo si può affermare che diverse coltivazioni hanno generato 500 quintali.
La vendita al mercato all’ingrosso del prodotto di prima qualità (60% almeno della produzione) ha generato come base minima negli ultimi anni una quotazione di 1 euro a kg. Il resto del prodotto si vende in genere alle aziende produttrici di succhi ad un prezzo nettamente inferiore.
Se vogliamo fare 4 conti, tendenzialmente prudenziali, sulla base della produzione media di 400 quintali ad ettaro si ottiene un ricavo di circa 30000 euro. Già, avete letto bene, per giunta chi è arrivato prima sul mercato, diversi anni fa, ha fatturato anche di più.
Oggi comunque con l’aumento della produzione con la conseguente riduzione tra richiesta ed offerta i ricavi si sono leggermente ridimensionati ma, considerate che le spese medie di piantumazione si attestano in circa 12000 euro ad ettaro e che il costo della manodopera annuale non è così sostenuto si può arrivare ad ottenere un guadagno medio di 15000 euro annui.
Attenzione però: i primi anni si fanno solo sacrifici: la pianta comincia a produrre il 50% della sua resa massima dal 3 anno di vita (secondo dopo la piantumazione) in poi e va a regime con il 100% della produzione dal 5 anno. Però mettete in conto che una piantagione di questo tipo ha una vita media di 30 anni.
Che ne pensate? Certo il rischio c’è pero il guadagno può essere notevole.